Questo album lo presi appena uscì, perché sopra c’era scritto Pantera.
Probabilmente non lo comprai neanche io, me lo comprò qualcuno, perché era ovvio che io dovessi avere il nuovo dei Pantera. Quando premetti Play venni spettinato dall’urlo iniziale, ma questo non bastò a convincermi del tutto. Sì c’erano i pezzi, c’era la violenza ma non mi prese completamente. Lo riscoprii più avanti, riascoltandolo in età più matura, perché riuscii a cogliere sfumature che a 16 anni non ero in grado di capire. Il disagio. La chiave di lettura di questo disco è il disagio, una band all’apice della sua carriera ma già distrutta, con più problemi da risolvere che frecce nel suo arco, ma con tanto talento e tanta rabbia. Ecco, se si ascolta questo disco con questo ben presente in testa risaltano fuori delle ottime canzoni, anzi direi che questo disco andrebbe ascoltato non come un insieme di canzoni ma come un opera unica, un’unica sinfonia, un’unica colonna sonora del disagio.
[Skan]
Quando sento “The Great Southern Trendkill” mi vengono in mente alcune immagini:
– una macchina, un’utilitaria da città, mediamente sporca, con i finestrini abbassati e le casse che ronzano e gracchiano mentre l’urlo iniziale risuona nel vicoletto disturbando vicinato e presenti.
– girare in città senza aver il fisico statuario, e con un vago retrogusto di sudore sulla pelle, ma orgoglioso e con palle e cazzo ben in vista per il pubblico.
– vantarsi con i colleghi di degustare vino e birra di qualità e poi trovarsi, soli e incarogniti, al banco del bar con un Corea [mefitica mistura di Coca Cola e vino demmerda] in mano.
Perché a partire dalla piallata d’orecchie che ti arriva con la title track fino alla conclusiva (Reprise) Sandblasted Skin, TGST è un grido di gola, ma che parte in fondo alle viscere, dove la merda regna sovrana. TGST parla di quello: di disagio, di merda, di paura e di dipendenza. Più disperato e viscerale di Dirt degli Alice in Chains (del 1992 – altro testamento, in presa diretta, di un drogato all’ultimo stadio), TGST fa l’equivalente dello spurgo delle fogne: tira fuori tutto e te lo spara in faccia. Olezzo compreso.
La band è allo sfascio e non si incontra per registrare il disco, Seth Putnam, ospite d’eccezione, grida come un uomo a cui hanno sgozzano un suino e glielo hanno ficcato in gola e i riff sono pesanti e lerci.
Phil, beh, parla di morte, droga e disperazione.
Ecco perché The Great Southern Trendkill non invecchia: è talmente primitivo che ti scuote le viscere.
[Zeus]
A me piace molto. Come Skan, la prima volta rimasi dubbioso ma piano piano mi è piaciuto sempre piú.
"Mi piace""Mi piace"
A me piace moltissimo come disco.
Nell’insieme quasi più di Far Beyond Driven (in FBD ci sono troppi pezzi thrash lunghi e sperimentali che diminuiscono la botta…). TGST è un pugno nei denti.
[Zeus]
"Mi piace""Mi piace"
Davvero un pugnone.
"Mi piace""Mi piace"
Album sottovalutato e non si capisce il perchè, i pezzi ci sono, la rabbia puree poi quella Suicide note prt1 che colpisce al cuore.
"Mi piace"Piace a 1 persona
Infatti, non si capisce perché. Qua dentro ci sono ancora le idee, la grinta e anche i grandi pezzi. Su Reinventing The Steel si sente che sono dentro lo studio per forza, ma qua, nonostante la distanza etc etc, ci sono i riff, il groove, le lyrics… tutto.
[Zeus]
"Mi piace"Piace a 1 persona
Pingback: Official Live: 101 Proof | The Murder Inn
Pingback: Con ancora i buchi delle siringhe fra le dita. Alice in Chains – Dirt (1992) – The Murder Inn
Pingback: Canne, eroina e vino bianco. Superjoint – Caught Up in the Gears of Application (2016) – The Murder Inn
Pingback: Calci in faccia senza tregua. At The Gates – Slaughter Of The Soul (1995) – The Murder Inn
Pingback: Il Nome della Fossa: Valerio Evangelisti – Metallo Urlante [Einaudi] – The Murder Inn
Pingback: Philip H. Anselmo & The Illegals – Choosing Mental Illness as a Virtue (2018) – The Murder Inn
Pingback: Black metal made in Louisiana. Viking Crown – Unorthodox Steps of Ritual (1999) – The Murder Inn
Pingback: Finire in tristezza. Pantera – Reinventing the Steel (2000) – The Murder Inn
Pingback: Kirk Windstein – Dream in Motion (2020) – The Murder Inn
Pingback: La semplicità prima di diventare pesanti: A Perfect Circle – Mer de Noms (2000) – The Murder Inn