The Vintage Caravan – Monuments (2021)

A volte un bagno d’umiltà mi serve, anche solo per sentirmi vecchio e stanco. Guardo la carta d’identità e segnala che sto arrivando al mai troppo declamato “nel mezzo del cammin di nostra vita” e non posso certo fregiarmi di aver rivoluzionato chissà cosa. Però ascolto metal e, rispetto a coetanei che entrano in crisi esistenziale e si comprano la Mini Minor, mettono i jeans con il risvoltino e il pullover color salmone morto sulle spalle, posso dire che arrivo ai 40 con un dignità e rispetto per me stesso. Il problema è che ci sono poi i tipi come tal Óskar Logi Ágústsson, il quale all’età di 27 anni (se le fonti di Wikipedia non mentono spudoratamente e mi ritrovo davanti un nuovo caso Luciano/Eriberto) ha registrato 5 dischi ed è sotto contratto con la Nuclear Blast.
Chi è Óskar Logi Ágústsson direte voi? Anche se non siete proprio dei geni del crimine, potete fare 2+2 e capire che il tizio in questione, di chiara steppa nordica, ha a che fare con la recensione in questione. Se anche voi l’avete capito, allora potete darvi una pacca sulla spalla e andare avanti a bearvi della vostra cultura musicale.
Perché sì, Óskar Logi Ágústsson è il leader dei The Vintage Caravan, apparsi già su queste pagine con il precedente Gateways, disco fra l’altro che avevo apprezzato non poco. A tre anni di distanza e un’epidemia di Covid che sta mettendo a dura prova la mia pazienza, gli islandesi se ne escono con il quinto LP intitolato Monuments.
Altre stellette per chi l’avesse capito senza arrivare a questo punto della recensione.
Monuments non poteva che essere il disco della definitiva maturazione della band, ormai capace di mescolare senza vergognarsi sia le esplosioni hard rock (Forgotten), le visionarie spezie psichedeliche e momenti di intimità (This One’s for You, la quale ha un ritmo da ninna nanna). Il passo in avanti nel songwriting è netto e su questo punto non ci sono dubbi.
Il trio islandese è anche abbastanza furbo da strutturare una tracklist che vede nella prima parte sonorità più catchy, senza peraltro risultare stupide o insipide, mentre nella seconda metà del disco sviluppano il loro sound in maniera coerente ma con canzoni di certo meno adatte ad essere potenziali singoli. E questo lo dico tenendo conto che, comunque, Sharp Teeth ha riff ben definiti ed Hell è sorniona.
Unici nei di Monuments? Per me, Torn in Two è quasi una canzone “telefonata” nel classico stile The Vintage Caravan, non un brutto segno ma non tiene il ritmo delle prime, e così anche Said & Done.
Fortunatamente il disco finisce con Clarity e va tutto bene perché quella doppietta tutto sommato “normale”, non fa male.
La Napalm Records ha fatto un buon acquisto soffiando la band alla Nuclear Blast; se non incomincia a sputtanarla si trova in mano un gruppo che, vista la giovane età, ha la potenzialità per crescere sempre di più nel corso degli anni; a patto, ovviamente, che i tre islandesi non incomincino a farsi beffare dalla fame di soldi e di passaggi radiofonici facili.
[Zeus]