The White Stripes – White Blood Cells (2001)

Stavolta non posso mettere un’immagine di copertina, quelle trovate sono improbabili o hanno una qualità che il culo di un babbuino sarebbe oro colato. Nel 2001 usciva White Blood Cells dei The White Stripes e, come potete immaginare visto che è un disco uscito 20 anni fa, proprio White Blood Cells è il punto di passaggio dall’underground ad una visibilità esagerata. Oltre ad essere il punto di svolta in termini di popolarità, è anche il momento in cui Jack White (compositore e mente dietro il progetto The White Stripes) decide che è venuto il momento di lasciar perdere il blues e il blues-rock per andare a scavare nel garage rock, cosa che sarà la miccia decisiva per far riesplodere questa corrente musicale.
Questo passaggio di sonorità non è però così drastico quanto si possa credere, il blues-rock entra in forma più subdola e riesce a prenderti alla gola con alcuni ottimi brani. Il resto, però, suona tutto garage e scarificato al minimo, andando a puntare tutto su una sound diretto, senza fronzoli e architetture barocche. Questo non significa assolutamente stupido o insipido, solo che invece che girare intorno al risultato, Jack (e Meg) White tirano dritto e spogliano la canzone. Il risultato paga? In molti casi sì, in altri momenti il disco mi è sembrato meno avvincente di quanto me lo immaginassi, ma forse è una questione di gusti e di aspettative.
Di certo il punto focale è quanto produce Mr. White che si divide fra voce, chitarra e piano, mentre il lavoro di Meg White dietro la batteria è funzionale alla canzone in quanto estremamente minimale e scarno, ma la capacità di suscitare emozioni nel suo stile è minimo.
Quando il duo riesce a svincolarsi dalla semplicità del garage rock, ecco che ne escono delle sing-a-long quasi “infantili” (We’re Going to Be Friends, che ha una melodia portante che sarà ripresa da mille band), melodie cristalline e momenti molto intensi (I’m Finding It Harder To Be a Gentleman o The Same Boy You’ve Always Known). Trovo molto interessante anche Offend In Every Way, canzone che sembra quasi un country-blues mischiato con il garage rock e, a giochi fatti, una di quelle canzoni che vorresti inserire nella compilation da regalare a qualcuno. Anche Now Mary e I Can’t Wait mi hanno preso bene, mentre la precedente Aluminium mi ha semplicemente spinto a skippare.
A vent’anni di distanza, White Blood Cells è ancora un buon disco, anche se non so quante volte lo riascolterò dopo queste recensione. Alcune canzoni me le salverò perché meritano e non ti stufano neanche dopo diversi ascolti, mentre il resto del disco è destinato ad un certo tipo di pubblico. Ricordatevi due cose, una positiva e l’altra negativa: White Blood Cells è il disco che ha fatto sì che i riflettori si puntassero su un compositore di tutto rispetto (Jack White) e ha fatto da lancio a numerose band che, su quel sound, ci hanno costruito una carriera; per quanto riguarda il secondo punto, è proprio da qua che nasce Seven Nation Army del successivo Elephant e capite anche voi il dramma umano che ha causato.
[Zeus]

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