At the Altar Of The Horned God – Heart of Silence (2023)

Mentre scrivo questa recensione, sto cercando disperatamente di ricordare una band black metal proveniente dalla Spagna. Se il vicino Portogallo ci ha regalato un po’ di materiale d’esportazione del black metal, quando penso alla Spagna non mi viene in mente niente di efferato o degno di nota. Ma forse sto ancora digerendo il pranzo e scrivere nell’ora di riposo fra un turno e l’altro non è proprio una bella idea. Ma visto che il tempo a casa è tiranno e il pupo reclama spazio e tempo, allora faccio di necessità virtú e scrivo nella stanza cucina-relax del negozio dove lavoro. Gli At The Altar Of The Horned God, in realtà un progetto del solo Heolstor, provengono da Madrid e tentano, riuscendoci, di creare una sorta di rituale pagano naturale su disco. Cosa significa? Al posto della batteria, comunque presente (anche se a volte sa di drum-machine), Heolstor sfrutta spesso il tamburello e lo djembe per creare ritmo e ritualità e le vocals, per quanto rientranti nel canone black metal, sono più varie del semplice scream spaccatonsille. Heolstor si prodiga quindi di mettere su Heart Of Silence piú variazioni di voce, dallo scream al clean fino ad arrivare a lambire i lidi del gothic. Pur avendo una matrice pagana e “folk”, gli Altar Of The Horned God non rinunciano alla strumentazione classica. I riff sono buoni, pescando sia dall’atmospheric black metal, sia sporadicamente in Grecia sponda Rotting Christ. Il riff dentro la traccia d’apertura Listen mi ha ricordato proprio la band di Sakis periodo Rituals, anche se è forse l’unico episodio in cui gli AtAotHG mi hanno ricordato i blaclster greci. A questo si aggiunge un buon tocco di dark ambient e la riuscita cover God is in the Rain dei Suicide Commando. Tutto riuscito? Non proprio, nella maggior parte dei casi la formula funziona senza incepparsi, mantenendo alta la tensione e il livello d’attenzione. A volte, invece, cade su qualche lungaggine di troppo (non eccessiva, stiamo parlando di canzoni di 4/5 minuti) o su riff piú banali. Niente che mi abbia tolto la voglia di ascoltare Heart of Silence. Gli AtAotHG sono uno di quei dischi strani, che sulla carta “potrebbero non funzionare” ma che invece funzionano eccome. Sono brani intrisi di intimismo, di ritualismo, di oscurità e natura… ci vuole il giusto ambiente per ascoltarli e goderseli appieno. Ma non disdegnate l’opportunità di sentirli sul bus, in mezzo ad una schiera di gente: sia mai che riescano nell’intento di estraniarvi dalla fiumana di gente. [Zeus]