Colonna sonora militante. Arditi – Marching On To Victory (2003)

Ci ho pensato un po’ a recensire questo LP d’esordio degli Arditi. Farlo o non farlo, considerare il retroterra politico o differenziare il contenuto dal contenitore. Domande logiche, visto che la proposta del duo svedese è espressamente militante, espressamente schierata e non si nasconde dietro incertezze o dietro cortine di fumo che possono, o potrebbero, creare dei dubbi su quanto hanno prodotto, e producono. Gli Arditi guardano con fascinazione al fascismo, e a quell’epoca storica nel suo complesso, visto che non si limitano a riprendere elementi dal Fascismo ma pescano anche nelle spire mefitiche dell’altro contendente del Patto d’Acciaio (Sturm V). Per riuscire a fornire una maggiore rispondenza all’estetica del Ventennio, anche la musica deve seguire un certo tipo di andamento: razionalista, industriale, militare. Ecco che Marching On To Victory sveste i panni del semplice disco industrial e si mette la cappa della marzialità, truccandosi con il rigore estetico, futurista e quadrato dei primi anni del ‘900. Se a questi elementi, che hanno comunque una coerenza intrinseca, ci aggiungete estratti dei discorsi di Mussolini, potete capire che la macchina degli Arditi si muove senza problemi al passo (dell’oca).
Nel 2003 gli Arditi erano ancora una band essenzialmente sconosciuta, supportata da una etichetta, la Svartvintras Productions, che non poteva certo fregiarsi di essere una superpotenza mondiale. Tutt’altro discorso rispetto alla più forte Blooddawn Records, etichetta fondata da Morgan dei Marduk e avente nel roster i blackster svedesi – ovviamente con il supporto della Century Media. Ed è proprio poco prima del passaggio sotto le accoglienti braccia della Blooddawn Records che gli Arditi incominciano una collaborazione con i Marduk a partire da Plague Angel del 2004 (Deathmarch). La collaborazione non è stata un una tantum, visto che gli Arditi compariranno ancora con una canzone sia su Rom 5:12 che sull’EP Iron Dawn. Se vi state chiedendo se il passaggio sotto una “major” abbia influito in qualche modo sul messaggio politico della band, vi invito a guardare Metal Archives e potete scoprire che no, non è cambiato. L’approccio musicale/ideologico è sempre vivo anche sotto una label più grossa e connessa con la distribuzione europea.
Approviate o meno questa fortissima impronta ideologica ma questi sono loro, e se li ascoltate sapete benissimo in che girone state cascando. Se il punto di vista politico non lascia spazio a troppi ragionamenti, la loro venerazione per il Ventennio è talmente sfacciata da essere un aut aut per chiunque li voglia ascoltare, il reparto musicale è invece materia su cui mi concentro più volentieri.
Togliendo in maniera “artificiosa”, e “professionalmente” non corretta, gli slogan del Ventennio, l’industrial/ambient degli Arditi ha alcuni buoni momenti, ma sulla lunga distanza mostra molta incostanza e qualitativamente è difficile non trovarne pecche. Basti pensare alla lunga Determination, noiosa e inconcludente, tanto che mi sembra essere un abbozzo invece che la traccia d’apertura di un LP d’esordio, a cui segue una Sturm V, che inizia con più grandeur, prima di perdersi in mezzo a discorsi di dubbi(os)a germanica provenienza e poco appeal musicale. In generale, è più o meno così che procede tutto Marching On To Victory, fra momenti di musicale intensità (per me l’highlight si trova all’altezza di Holy Order, forse il brano che, più di tutti, ha un senso compiuto anche senza il contesto politico) e deviazioni insensate o addirittura noiose.
Chi ascolta e/o apprezza gli Arditi cerca in equal misura il contesto musicale e quello ideologico, quindi ecco che il mio tentativo di estrapolare uno dall’altro rende la band e il qui presente Marching On To Victory zoppi.
Solo nell’insieme dei due elementi la band svedese trova il suo senso compiuto. Che questa considerazione piaccia o meno, la fortissima impronta politica è anche il deterrente numero uno per chi volesse criticarli o approcciarvisi. A 20 anni di distanza, dal punto di vista squisitamente musicale, il disco non ha subito un invecchiamento osceno. Marching On To Victory è nato senza un tempo specifico e rimane sospeso in un limbo fra perplessità e storicizzazione. Vedete voi se ne vale la pena.
[Zeus]


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