Trentenni vegani. Pearl Jam – Vs. (1993)

Molti recensori e anche metalhead non riescono proprio a reggere i Pearl Jam. C’è una sorta di generico astio nei confronti di Vedder e compagnia cantante, cosa che mi risulta strana visto che il loro sporco lavoro, nel mondo del rock, lo fanno. O, diciamo, l’hanno fatto per i primi due album e poi andando a scemare fino a qualcosa che non credo abbia più un reale senso di essere sentito con moltissima attenzione. Ten e il qui presente Vs., per me, sono due dischi da avere. Troppo leggeri per chi ama il metal, lo so, ma nel generico mondo del rock, il long play di debutto e il successore sono ottimi.
Il problema è stato piuttosto quello di a) incasellarli nella caterva di band “grunge” che uscivano da Seattle all’epoca; b) sperare e credere che i Pearl Jam riuscissero a mantenere quella qualità anche nel futuro. Impossibile, sotto moltissimi punti di vista.
Mi piacerebbe fare il paragone della carriera dei Pearl Jam con quella di Alessandro Del Piero, capitano della Juventus (per chi si fosse connesso solo ora da un remoto territorio privo di notizie sportive). Il capitano della Juventus, per un quadrienno, ha fatto il diavolo a quattro presentandosi come uno dei migliori talenti usciti dall’Under 21 e imponendosi in Italia ed Europa. Quattro anni che hanno contribuito a farne crescere valore, rispetto e occhi sgranati tali che c’è ancora una punizione che si chiama “tiro alla Del Piero”. Giusto per dire. Poi è arrivata Udine, l’infortunio al ginocchio, 9 mesi fuori, problemi e quel Del Piero non si è più rivisto. C’era un giocatore che comunque ha fatto la storia del calcio italiano e ha fatto grande la sua squadra, ma l’esplosività, l’estro, la velocità e le idee del Del Piero del primo quadrienno pre-1998 non lo avremmo più rivisto sui campi da calcio. Identico discorso si può fare per i Pearl Jam. Il primo biennio è stato al fulmicotone, poi è arrivata la morte di Cobain e tutta una serie di pressioni enormi che hanno spezzato le gambe alla band, prima facendole tirar fuori dischi strani, e non sempre belli, come Vitalogy o No Code e poi pian piano cadere in uno stato di torpore da AOR, classic rock da adulti trentenni che stonava con quello che era stato prima. L’irruenza era sparita, le idee geniali e tutto quello che avevo amato visceralmente della band, non l’avrei più rivisto. Certo, Riot Act era una disco che mi ha fatto credere in un possibile colpo di coda, ma è stato un episodio isolato e, comunque, non era al livello di un Vs. neanche a volerlo.
Perchè Vs. è il disco che non ti aspetti da una band che aveva debuttato con Ten. E poi è il disco di Rearviewmirror (te le ricordi le risate?) e di quella canzone che è riuscita per lungo tempo ad ossessionarmi: Indifference. Per una riuscita e funky W.M.A. ce ne sono un paio che non forse non sono nella lista delle mie canzoni preferite dei Pearl Jam. Ma, come detto in anticipo, in larga misura è un LP da possedere. Poi ci son gusti e gusti, storie e storie. Ci sono ricordi e ci sono ferite che non ti permettono di riascoltare una band o una canzone. Ci sta nel grande schema delle cose, lo so. Ma dimenticarsi che i Pearl Jam erano questi e non i signorotti di adesso è una vera bestemmia.
[Zeus]