Wayfarer – American Gothic (2023)

Vi ho già parlato dei Wayfarer su queste pagine, se non ve li ricordate perchè siete sbadatelli, allora andatevi a rinfrescare la memoria con l’articolo dedicato a A Romance With Violence. Se invece ve li ricordate, sapete benissimo in che latitudine musicale siamo: un mix di atmospheric black metal, cascadian black metal, post-black, folk americano, country e una bella spruzzata di oscurità. Niente che non possa farci contenti, soprattutto quando c’è così tanta carne al fuoco che una band poco preparata potrebbe rischiare di bruciarsi e finire derisa da tutti. Una sorta di Nelson dei Simpsons che decide di deridere la band perchè si ostina a cantare di cowboy ed indiani.
Ma in American Gothic dei Wayfarer tutto ha un senso compiuto. Che siano i primi stralci più irruenti che settano il tono di un disco che, in realtà, quel tono non ce l’ha in maniera continuativa. Infatti The Thousand Tombs of Western Promise e una buona parte di The Cattle Thief hanno un piglio black metal che, ad onor del vero, il resto del CD non possiede. E questo si capisce dalla seconda parte della lunga The Cattle Thief, dove Shane McCarthy e compagnia errante pescano la carta del roots e mettono in chiaro che da quel momento in avanti ci sarà un nuovo LP, qualcosa che muterà forma e suono ma rimanendo costante, coerente ed avvincente. Sono tre termini importanti questi, perchè i Wayfarer, finalmente, hanno inciso IL disco che mette in chiaro chi sono e cosa sono capaci di fare.
Analizziamo con calma. Tanto questo disco bruciato dal sole e dalla polvere del deserto del Mojave non fa prigionieri e necessita di diversi ascolti, perchè American Gothic è uno di quei dischi che cresce col tempo. Che ti sembra sempliciotto, ma nasconde molto, soprattutto in termini di godibilità. Il quinto LP del quartetto di Denver ha finalmente imparato l’essenza stessa della costanza: inizia con un brano di alto livello e riesce a tenere alta l’attenzione fino alla fine senza mai soffrire anche quando ti chiedi quanto potrà durare questo mix fra country/western e black metal. Ma aver ridotto la durata dei brani, rinchiudendoli in una gabbia fra i 4 e gli 8 minuti, ha di certo giovato alla salute di American Gothic. A Romance With Violence sparava spesso e volentieri più alto, con addirittura tre brani sopra i 10 minuti. E poi sono coerenti, perchè i salti da un genere all’altro, gli scarti musicali sono sì bruschi, ma hanno un senso logico e non sembra di trovarsi di fronte a pezzi incollati. Dietro American Gothic c’è un’idea musicale, di paesaggio e messaggio. E McCarthy sembra averne trovato la quadra sotto tutti i punti di vista. Cosa che mi porta a definirli, logicamente sia chiaro, anche avvincenti. Se forse in A Romance With Violence mi son trovato di fronte ad una band che girava bene, ma non al 100%, continuando a cercare in maniera ossessiva e volenterosa un proprio suono, i Wayfarer del 2023 sono un gruppo che sa di avere fra le mani un Signor LP e una bistecca alta tre dita con pochissimo grasso in eccesso. Il solo reale appunto che gli posso muovere è su Reaper on the Oilfields, che inizia bene ma i suoi 4 minuti sembrano durare il doppio e, dopo il secondo ascolto, ho faticato a mantenere alta l’attenzione nella seconda metà della canzone.
Fossi un tipo da playlist di fine anno, i Wayfarer ci finirebbero dentro senza problemi. Il loro atmospheric-black metal è talmente pregno, cupo e fumoso da essere una ventata di freschezza. L’underground black metal sta regalando molte perle e la Profound Lore Records ha per le mani una band che sta crescendo esponenzialmente.
In conclusione, American Gothic dei Wayfarer è un disco da custodire con cura. Se avevate apprezzato A Romance With Violence, sappiate che quello era il suono di una band alla ricerca di un filone d’oro, questo nuovo LP è semplicemente la testimonianza che l’hanno trovato.
[Zeus]