Anche i Queen compiono 40 anni – The Works (1984)

C’è poco da fare, sto diventando un vecchio. The Works compie 40 anni e io ne parlo su TheMurderInn. Ma in fin dei conti perchè no? Perchè non celebrare anche questo disco della Regina? Forse perchè è il primo disco a riprendere un po’ le redini di un sound che Freddie Mercury stava trasportando in luoghi musicali non sempre appetibili per il sottoscritto. Non posso dirmi un fan accanito dei Queen, ma è una band che mi porto nel retro della testa visto che la ascoltavo alle elementari. Oh, erano anni di scoperta musicale e i Queen erano papabili e facilmente reperibili.
Dicevo che The Works è un disco che finalmente puzza di sudore (finalmente ritorna in superficie l’hard rock, lasciato in cantina in dischi come Hot Space) pur essendo un classico disco eighties dei Queen. La parte bella è che ritorna ad esserci una tracklist abbastanza forte e con diversi singoli da tenere nelle compilation. Vi sfido ad avere una canzone di Hot Space o di Flash Gordon nelle vostre liste di Spotify o similia, ma una Radio Ga Ga (più di 500 milioni di riproduzioni su Spotify), una Hammer to Fall o una I Want to Break Free (più di 250 mil. di ascolti) sono ospiti di lusso. Ovvio, The Works non è un gratest hits e alterna momenti molto forti/conosciuti, con altri più oscuri o forse meno apprezzati (anche da me, sia chiaro). Per una Man On The Prowl (rockabilly divertente) o una classica It’s a Hard Life (tipico brano alla Freddie Mercury, che suona già come pezzi che arriveranno negli anni successivi), ci sono una Machines o una Keep Passing the Open Window…che non mi ricordavo e non me le segnerò come tracce da recuperare ad ogni costo.
Adesso dovrei tessere le lodi dei soli pezzi più hard rock (scritti da May) e sputare sulle ruffianate come Radio Ga Ga, soprattutto tenendo conto che I Want It All, è uno di quei brani che hanno contribuito a formare il mio gusto per i watt. Il fatto è che non ci riesco, forse una sorta di guilty pleasure, una sorta di ritorno alla giovinezza, ma Radio Ga Ga me la ascolto anche a quasi 40 anni di distanza senza troppo imbarazzo. E non sono un die-hard fan come dicevo, solo che conosco la potenza di un brano in cui il ritmo funziona e la linea vocale rimane nelle orecchie: pop anni ’80, leccaculo e funzionante. Descrizione tranciante, ma è così.
Ma non gliene faccio una colpa ai quattro inglesi, nel 1984 dovevano ritrovare un po’ di certezze post-Hot Space. Avevano appena fatto uscire un paio di dischi debolucci, indispettendo i fan che li conoscevano più ruspanti (ed ecco ritornare in The Works i pezzi a firma May – e quindi l’hard rock), ma nello stesso non potevano certo permettersi di perdere il novello pubblico acquisito negli eighties.
E poi i Queen erano quattro personalità molto differenti che univano gusti molto diversi che convivevano in un possente Frankenstein musicale, riuscire ad accontentare ognuno di loro era operazione difficile, se non impossibile. Ecco perchè i dischi migliori dei Queen sono quelli più equilibrati, quelli dove tutti riescono ad emergere con le proprie peculiarità: il funk di Deacon, il rock di May, l’elettronica e l’opera di Mercury e la poliedricità di Taylor.
Non ascoltavo The Works per intero da una vita e mezza, lo ammetto, però funziona. Il disco è in larga parte giocato sul sicuro ma ha idee da classifica e le mette in mostra senza troppe remore, lasciando al resto il compito di portar acqua al minutaggio e completare i 37 minuti abbondanti di durata.
[Zeus]