Inquisition – Veneration of Medieval Mysticism and Cosmological Violence (2024)

Ormai le uscite degli Inquisition sono delle sorprese, non vengono pubblicizzate o quasi, hanno zero hype, tempi di attesa ormai randomici visto che il precedente Black Mass for a Mass Grave è uscito ben quattro anni fa e, inoltre, i tour passano in sordina. Il pubblico metallaro ha la memoria lunga e anche TheMurderInn ha questa eccezionale comunanza con gli elefanti, quindi non posso (e non possiamo) chiudere gli occhi su quanto fatto da Dagon e la sua condanna. Certo, il musicista colombiano ha pagato il conto con la giustizia, in maniera tutto sommato lieve a quanto ho avuto modo di leggere in giro, ma la macchia non è evaporata ed è peggio del vestito della Lewinsky. Detto questo, veniamo a Veneration of Medieval Mysticism and Cosmological Violence e alle giuste/sbagliate (?) volontà di parlare della musica contenuta nel disco. Il nuovo LP della ditta Dagon – Incubus prosegue senza indugio alcuno sulla scia del precedente disco, lasciando ampio spazio alle tastiere, ma virando su un feeling diverso dai viaggioni mentali di dischi come Obscure Verse for the Multiverse. Dentro Veneration of Medieval Mysticism and Cosmological Violence c’è forse più misticismo terreno, più odore di muffe, riti sconsacrati e sangue rappreso. Non manca quella sensazione di gelo e desolazione che, degli Inquisition, è elemento fondamentale, ma l’inserimento in pianta stabile delle tastiere, di chitarre che aggiungono elementi heavy/epici (Crown of Light and Constellations o addirittura i sapori Sabbathiani annate Heaven & HellMob Rules dello strumentale) e l’utilizzo di registri vocali diversi dal classico screaming atonale e anfibio (Secrets from the Wizard Forest of Forbidden Knowledge) ha modificato la rotta e il risultato finale della musica prodotta dal duo Dagon-Incubus.
Il lavoro alla chitarra di Dagon è sempre sopraffino, capace di essere efficace sia nel “classico” riffing black metal, sia in momenti meno palla lunga e pedalare e dotati di a) complessità e stratificazione, b) elementi spuri del sound classico (ad es. Light of My Dark Essence) o c) di pesantezza e potenzialità da headbanging (il riff iniziale della title-track è semplicemente mostruoso).
Tredici tracce potrebbero sembrare tante, mi son spaventato anche io prima di andare a guardarne la durata complessiva, ma Veneration of Medieval Mysticism and Cosmological Violence gira sui 45 minuti scarsi, quindi è la lunghezza giusta. Quello che mi ha trovato piacevolmente in sintonia è stata la sensazione di perdita che mi ha accompagnato durante l’ascolto. Mi spiego meglio, il nuovo disco degli Inquisition ha cambiato alcuni aspetti, aggiunto molto più che semplici scampoli di novità, ma ha mantenuto comunque la capacità di farmi perdere il senso del tempo e delle necessità terrene. Ero semplicemente dentro il disco e, in quest’epoca di ascolti fast food e pochezza generalizzata, è un dato da sottolineare e ricordare.
[Zeus]