Keres – Homo Homini Lupus (2024)

L’attesa per l’arrivo di questo album è stata infinita, una di quelle, tra un rinvio e l’altro, da perderci quasi la speranza. Sono passati un po’ di anni dalla pubblicazione di quel concentrato di cattiveria e violenza intitolato Heresy, uscito nel 2016. I Keres si sono fatti aspettare ma, visto il risultato, ogni giorno, mese, anno viene ripagato dagli otto brani che formano Homo Homini Lupus. L’assalto sonoro che colpisce già dalle prime note di Exist for War è solo il primo assaggio di ciò che ci aspetta, ma è già un concentrato di elementi chiave del loro sound: sezione ritmica veloce e devastante, ai limiti dell’umano, riff ricercati e folli ma che non sconfinano mai nell’indigeribile di chi deve per forza sfoggiare tecnica, linee di chitarra che si sovrappongono in stratificazioni sonore di raro spessore, growl e screaming magistrali, elaborati in una ricerca che concentra solo il meglio che il black e il death metal possano dare.

Quello che va sottolineato a livello generale è come i Keres siano riusciti a scremare tutto ciò che spesso è motivo di critica nei confronti di ciò che, per comodità, viene definito blackened death: non ci sono melodie di facile appiglio, non ci son break ruffiani, non c’è prolissità (otto brani con una durata media di quattro minuti e mezzo), perfino i mid tempo sono dosati col contagocce. E le linee melodiche? Ci sono, la musica non potrebbe esistere senza, ma qui riescono a viaggiare veramente sul confine del massacro sonoro assoluto. Rimangono sempre in evidenza la freddezza e l’oscurità del black, la potenza e la violenza del death che si avvicina spesso al brutal, in un mix che volendo si potrebbe anche paragonare a nomi noti della scena, ma, visto quanto scritto appena sopra, sinceramente non ne vale la pena.

Se poi vogliamo andare più a fondo nella ricerca dei dettagli, posso citare le dissonanze e le linee di basso che emergono nella parte centrale di Immaculate Incarnation of Darkness; o come si possa sfruttare il palm muting senza risultare scontati in Leviathan… e sentite come il basso ci vola sopra (questo è un pezzo che dal vivo trascina le folle); o i soli di chitarra, pochi ma sempre diversi per ispirazione ed esecuzione; per non parlare delle evoluzioni dei riff presenti in ogni brano, che potrebbe venir dissezionato in una lunga disamina che adesso non è il caso di fare. Un discorso a parte per la conclusiva Void and Silence, un pezzo più melodico, che inizia con un arpeggio di chitarra, ma il contrasto che riesce a creare con la batteria e l’altra chitarra quando entrano è di grandissimo effetto ed è proprio sui contrasti e sul perfetto aggregarsi di elementi diversi che gioca l’intero brano, che ha una ricchezza ed una stratificazione che raramente si sentono in giro. Homo Homini Lupus è un album estremo, ricco di idee, inventiva e immaginazione, composto bene, suonato bene, prodotto bene. Siamo solo a febbraio ma siamo già in cima nella top list dell’anno.

[Lenny Verga]