Imperial Age – New World (2022)

Gli Imperial Age sono una band di origine russa che attualmente risiede in Turchia e che, a quanto si legge dalla bio, negli ultimi anni non se l’è passata molto bene, essendo passata attraverso vicissitudini non proprio felici. Ma nel loro caso la musica ha comunque vinto, almeno per quanto riguarda la release del nuovo album. New World è il terzo full-lenght, che esce a quattro anni di distanza dal precedente The Legacy of Atlantis e addirittura a dieci dal debutto Turn The Sun Off!.

Gli Imperial Age suonano un metal epico e sinfonico che si colloca a metà tra i primi Nightwish e i Therion. Già qui immagino il pubblico che si divide tra chi non apprezza il genere e chi invece lo adora, senza troppe vie di mezzo. Io personalmente ho sempre adorato i Therion, nonostante i numerosi passi falsi nelle produzioni più recenti (devo ancora sentire Leviathan II), mentre per i Nightwish provo sentimenti contrastanti, apprezzandoli a fasi alterne.

La particolarità della band è la presenza di ben tre cantanti, due donne e un uomo, a cui si affiancano batteria, basso e chitarra, più le varie orchestrazioni. New World è un album molto melodico ma mai banale, che per struttura mi ha ricordato i Therion: una solida base metal sopra la quale si stendono strati di orchestrazioni, linee vocali e cori. A seconda dei momenti si passa dall’epico al drammatico, spesso raggiungendo un mood da colonna sonora e le melodie rimangono impresse già al primo ascolto. Certo non hanno la stessa oscurità che gli svedesi riuscivano ad imprimere nella loro musica in tempi migliori, ma probabilmente non è nemmeno nell’intento degli Imperial Age

New World mi è piaciuto (perché a me il metal melodico, quando è fatto bene, piace, non ho problemi ad ammetterlo a differenza di un sacco di gente là fuori) proprio dove Leviathan non era riuscito: è un album con una direzione precisa, con pezzi convincenti ed energici, senza cali dall’inizio alla fine e, anche se la parte metal fa per lo più da sfondo, quando emerge si fa notare, che sia per le accelerazioni, che per le linee melodiche della chitarra e pure  per gli assoli. Nel complesso pecca un po’ in varietà e qualche parte un po’ più heavy ce l’avrei messa, ma speriamo nella prossima volta.

[Lenny Verga]

Arcane Tales – Power of the Sky (2019)

Power of the Sky è il nuovo album degli Arcane Tales, one man band dietro alla quale si cela il polistrumentista veronese Luigi Soranno che, tra l’altro, è anche autore di romanzi fantasy. Il genere proposto, come si può intuire, è un metal dedito al power/symphonyc/epic.
Questo tipo di proposta ha avuto il suo periodo di massimo splendore negli anni ’90, arrivando anche ai primi del duemila, per poi finire piuttosto bistrattato dalla maggioranza, a torto o a ragione dipende dai casi. Nonostante tutto, oggi ha ancora una cerchia di appassionati sia tra gli ascoltatori che tra le band che ne portano avanti la causa. Il problema secondo me (ma potete smentirmi), è che oggi sono in pochi a proporre questo sound in maniera convincente e senza annoiare chi non ne è un fan sfegatato.
Fortunatamente ho la possibilità di parlare bene degli Arcane Tales. L’album, prodotto da Broken Bones Records/Silverstream Records e uscito il 15 ottobre, è un buon esempio di metal epico e sinfonico. Senza particolari guizzi in fatto di originalità, la band ci consegna un lavoro onesto, fatto con passione e, mi sento di dire, anche con un occhio di riguardo a chi nel genere non ci crede più tanto. Infatti uno dei lati positivi di questo album è che va immediatamente al sodo, senza perdersi per strada. Il lavoro si presente in maniera abbastanza canonica: nove tracce in tutto, con una intro epica, “Lux Lucet In Tenebris” (bella!), una strumentale atmosferica, “The Magic Dance of the Snow”, una (non troppo) lunga suite finale, “Into The Cradle of Sin”.
In 43 minuti di durata, che solitamente per una band symphonyc power sarebbe un EP, la band dice tutto quello che vuole dire, con brani diretti, non eccessivamente lunghi e, cosa che ho apprezzato tantissimo, molto guitar-oriented. Non mancano di certo le tastiere, compresi anche alcuni assoli, ma la chitarra è la vera protagonista, interprete di un buon lavoro di riffing e sulle parti soliste. Qualche incertezza ogni tanto spunta fuori, in particolare in alcuni passaggi di tastiera e in qualche stacco, ma nel complesso l’album scorre benissimo.
Luigi è anche un bravo cantante, manca forse di un po’ di varietà nelle linee, ma non ha paura di sperimentare spingendosi anche verso il growl nella traccia conclusiva. Ricordiamoci comunque che è sempre lui ad occuparsi di tutto. 
Una delle croci delle one man band però, da cui non si salvano del tutto nemmeno gli Arcane Tales, è la batteria. Per quanto ben eseguita, è molto lineare e poco fantasiosa, ma svolge comunque il suo compito.
Non serve andare oltre nel parlarvi di questo disco. Agli appassionati del genere consiglio di dare un ascolto al CD, agli altri magari un paio di canzoni come “Genesis”, “As a Phoenix” o “Fire and Shadows” per farsi un’idea. 
[Lenny Verga]

Luca Turilli – King Of The Nordic Twilight (1999)

Non ho mai nascosto il mio apprezzamento per il secondo album dei Rhapsody, Symphony of Enchanted Lands, che so benissimo essere quanto di più paragonabile ad un blockbuster hollywoodiano in ambito musicale. Quel disco epico, melodico, pompatissimo è per me anche un simbolo di bei tempi e bei ricordi di gioventù. 
Ci vollero solo due dischi prima che uno dei due mastermind della band, Luca Turilli, cadesse in tentazione si lanciasse in un progetto solista.
Ovviamente da fan della band madre, mi precipitai a procurarmi King of the Nordic Twilight appena uscì. “Luca Turilli è un chitarrista”, pensavo dentro di me, “sarà un album incentrato un po’ di più sulla chitarra rispetto ai Rhapsody” pensavo ancora, “sarà più heavy, altrimenti che senso avrebbe?” dicevo convinto tra me e me. Coglione. Io, non Turilli.
Perché il buon Luca è libero di comporre e suonare la musica che vuole.
Il mio pensiero era quanto di più lontano dalla realtà. L’album solista del nostro guitar hero infatti si rivelò ancora più barocco e, in alcuni casi, “tastieroso” (Accademia della Crusca, sono qui!) degli album dei Rhapsody. E con meno chitarre. In teoria il lavoro avrebbe dovuto comunque piacermi. Ma in pratica? In pratica ci troviamo di fronte ad un album che sembra una copia sbiadita dei Rhapsody: ultra melodico, con meno idee, l’ennesimo concept fantasy, una voce un po’ anonima (non che Olaf Hayer non sia un bravo cantante, ma è uguale a tanti altri), ritornelli stucchevoli, cori a non finire, scale alla Malmsteen piazzate un po’ in giro, ma poca botta e poco pathos. 
Certo ci sono dei pezzi azzeccati e che ancora oggi sono validi esempi di power/epic/symphonic metal, a partire dall’intro To Magic Horizon, dalla prima track Black Dragon, e dalla titletrack, ma ci sono anche pezzi fin troppo ruffiani come Legend of Steel e The Ancient Forest of Elves, o banalotti come Lord of the Winter Snow o la zuccherosissima ballad Princess Aurora.
Sia chiaro, in questo album non troverete musica brutta, assolutamente! Ma è uno di quei CD che a distanza di anni non mi viene mai voglia di ascoltare, se mai mi ascolto Symphony of Enchanted Lands (o qualche altro lavoro dei Rhapsody) che, secondo me, è molto meglio!

[Lenny Verga]

Dove cavalcano i Dragonforce – il primo DVD ufficiale

Alla fine anche i Dragonforce hanno deciso di affidare il proprio contributo alla storia al supporto DVD. Il 10 luglio uscirà il primo DVD della band: In The Line Of Fire.
La performance è stata filmata durante il concerto tenuto dai Dragonforce al Loud Park Festival alla Saitama Super Arena di Tokio. La terra del Sol Levante si rivela ancora meta fertile per registrare dischi e Cd.
La scaletta di In The Line Of Fire sarà un mix di pezzi tratti dall’ultimo disco “Maximum Overload” e vecchi classici (maggiori informazioni cliccando QUA).

01. Fury Of The Storm
02. Three Hammers
03. Black Winter Night
04. Tomorrow’s Kings
05. Seasons
06. Symphony Of The Night
07. Cry Thunder
08. Ring Of Fire
09. Through The Fire And The Flames
10. Valley Of The Damned

Vi lascio anche con un estratto dall’ultimo disco… immagino ci sia chi apprezza questo tipo di metal. Io non sono fra questi, ma chi sono io per giudicare:


[Zeus]