Rhapsody – Dawn of Victory (2000)

Rhapsody, Rhapsody Of Fire, Luca Turilli’s Rhapsody, Turilli/Lione Rhapsody. Se sapete di cosa sto parlando, bene… altrimenti è un gran casino. Nel corso di una carriera che si aggira intorno ai venticinque anni, varie vicissitudini hanno portato una delle nostre band più famose a cambi di nome per questione di copyright e a split tra i membri storici. Sinceramente è da un po’ che non seguo più i vari progetti targati Rhapsody, ma una cosa è certa: vent’anni fa la band era in gran forma e produceva ottima musica. 
Riconosciuti praticamente ovunque, grazie soprattutto al successo del secondo album (che portò molti a riscoprire l’ottimo disco d’esordio), apprezzati in ogni paese dove i loro album riuscivano ad arrivare… tranne in Italia, ovviamente. 
Che le sonorità power/symphonic piacciano o meno, a vent’anni di distanza “Dawn of Victory”, terzo album dei Rhapsody, rimane un lavoro esemplare all’interno di questo genere molto bistrattato (spesso a ragione), grazie ad un songwriting ispirato che in molti cercheranno di imitare senza riuscirci, magari ottenendo anche più successo solo perché non italiani.
Capisco che l’attuale situazione tra le band nate da questo nucleo possa aver portato diversi ascoltatori a perdere interesse ed entusiasmo, ma i dischi non sono come i video di YouTube o i post sui social, che passano nel dimenticatoio dopo il primo sguardo, il passato va recuperato e ricordato quando merita per le sue qualità. Un lavoro da riscoprire, rivalutare, riascoltare perché la grandezza del metal italiano è passata anche da qui.
[Lenny Verga]

Ancient Knights – Camelot (2020)

Camelot è il classico album che senti da almeno venti anni a questa parte (magari con altri monicker e artwork), e che soprattutto andava di moda ALMENO una ventina di anni fa…
Ma che volete che vi dica, a me è piaciuto! Vuoi perchè in fondo io apprezzai abbastanza quel revival del power metal di fine anni Novanta e vuoi perchè, in fondo, quando un disco ha al suo interno delle belle canzoni, si passa sopra alcune scontatezze e preferenze personali e ci si lascia andare ad un ascolto disinvolto. C’è da dire che questo Camelot ha anche diversi elementi interessanti; innanzitutto parliamo di un concept album che narra le gesta di Re Artù, e poi è un disco che assume le sembianze ambiziose di un’opera vera e propria, che si avvale dell’apporto di musicisti noti della nostra amata scena italiana come Roberto Tiranti (Labyrinth), Goran Edman (Malmsteen), Fabio Lione (Rhapsody), Elisa Martin (ex Dark Moor), Pier Gonella (Necrodeath, Mastercastle), e altre “comparse” che fanno la loro parte in un album che comunque, anche senza di loro, avrebbe avuto delle buone basi, e questo c’è da sottolinearlo. Il genere proposto è quello che citavo in apertura, la copertina è il classico artwork fantasy di tanti dischi come questo, e le musiche sono un buon esempio di come può essere interpretato un genere come il power metal a sfondo fantasy. Ma ci sono delle cose che ho molto apprezzato, come il fatto che non si pigi troppo spesso sull’acceleratore, proponendo sterili brani in doppia cassa dall’inizio alla fine, e che la band sa il fatto suo in molti frangenti, e riesce a trasmettere il giusto feeling in ogni situazione, non risultando fredda e asettica come molte altre power metal band di ultima generazione.
In fondo è proprio questo che volevo da un disco power e direi che sono stato accontentato. Ora non rimane che seguire questa band per vedere come e dove andranno a parare, perchè un full-length è un buon banco di prova, ma la consacrazione arriva almeno dal secondo o terzo album in poi. Per adesso, comunque, un disco piacevole e con qualche spunto interessante, magari non trascendentale, ma che non deluderà gli aficionados del power metal.
Voto: 7/10

[American Beauty]

Luca Turilli – King Of The Nordic Twilight (1999)

Non ho mai nascosto il mio apprezzamento per il secondo album dei Rhapsody, Symphony of Enchanted Lands, che so benissimo essere quanto di più paragonabile ad un blockbuster hollywoodiano in ambito musicale. Quel disco epico, melodico, pompatissimo è per me anche un simbolo di bei tempi e bei ricordi di gioventù. 
Ci vollero solo due dischi prima che uno dei due mastermind della band, Luca Turilli, cadesse in tentazione si lanciasse in un progetto solista.
Ovviamente da fan della band madre, mi precipitai a procurarmi King of the Nordic Twilight appena uscì. “Luca Turilli è un chitarrista”, pensavo dentro di me, “sarà un album incentrato un po’ di più sulla chitarra rispetto ai Rhapsody” pensavo ancora, “sarà più heavy, altrimenti che senso avrebbe?” dicevo convinto tra me e me. Coglione. Io, non Turilli.
Perché il buon Luca è libero di comporre e suonare la musica che vuole.
Il mio pensiero era quanto di più lontano dalla realtà. L’album solista del nostro guitar hero infatti si rivelò ancora più barocco e, in alcuni casi, “tastieroso” (Accademia della Crusca, sono qui!) degli album dei Rhapsody. E con meno chitarre. In teoria il lavoro avrebbe dovuto comunque piacermi. Ma in pratica? In pratica ci troviamo di fronte ad un album che sembra una copia sbiadita dei Rhapsody: ultra melodico, con meno idee, l’ennesimo concept fantasy, una voce un po’ anonima (non che Olaf Hayer non sia un bravo cantante, ma è uguale a tanti altri), ritornelli stucchevoli, cori a non finire, scale alla Malmsteen piazzate un po’ in giro, ma poca botta e poco pathos. 
Certo ci sono dei pezzi azzeccati e che ancora oggi sono validi esempi di power/epic/symphonic metal, a partire dall’intro To Magic Horizon, dalla prima track Black Dragon, e dalla titletrack, ma ci sono anche pezzi fin troppo ruffiani come Legend of Steel e The Ancient Forest of Elves, o banalotti come Lord of the Winter Snow o la zuccherosissima ballad Princess Aurora.
Sia chiaro, in questo album non troverete musica brutta, assolutamente! Ma è uno di quei CD che a distanza di anni non mi viene mai voglia di ascoltare, se mai mi ascolto Symphony of Enchanted Lands (o qualche altro lavoro dei Rhapsody) che, secondo me, è molto meglio!

[Lenny Verga]