New Jersey provincia sudista: Pride & Glory – s/t (1994)

Vi faccio un favore e do per scontato che tutti sappiano chi sono i Pride & Glory. Nessun pippone megalitico, nessun momento didascalico da programmi serali sulla RAI dedicati alle materie scientifiche.
Non so come e perchè son nati i Pride & Glory, probabilmente Zakk Wylde ne aveva le palle piene di starsene con le mani in mano o, come è giusto che sia, aveva anche voglia di mettere i suoi riff e la sua voce su un progetto. Un conto è essere dipendente, uno è essere libero professionista. E poi, il buon Ozzy non aveva annunciato uno dei suoi mille tour d’addio? Anche se il No More Tour sembrava quello più sincero. Almeno fino al prossimo tour, mi sembra quasi ridicolo dirlo, stiamo parlando di Ozzy.
Quindi fra un No More Tears (1991) ed un Ozzmosis (1995) un po’ di tempo c’era, un paio di compari di bevute anche (James LoMenzo al basso e Brian Tichy alla batteria) e quindi via di southern metal. Perchè questo è Pride & Glory, un disco di profondo, sporchissimo, southern metal. Il periodo, poi, era anche invitante, visto che il southern stava ritornando a far sentire la sua voce, che sia nella versione dei Grandi Vecchi come i Lynyrd Skynyrd, ormai trasformatisi in una notevole Cover band, sia che il southern sia inserito a forza o meno in progetti metal tout-court: Pantera, nello sludge e via dicendo (giusto per citare i primi che mi vengono in mente). Zakk Wylde non ha mai fatto mistero dei suoi gusti musicali, quindi il progetto Pride & Glory è coerente con tutto il background musicale del chitarrista del New Jersey.
Non sarà un genere di successo e neanche quello che ti permette di pagare le bollette, ma se suonato bene, cristo, da delle belle soddisfazioni. E l’esordio, e unico LP, dei Pride & Glory è suonato dannatamente bene e, di godurie, te ne fa assaporare molte. Sinceramente, per molti anni ho reputato questo disco il miglior LP su cui il Zakk Wylde solista avesse mai suonato. Il progetto solista con il Book of Shadow era buono, ma non da definirlo un capolavoro, mentre la Black Label Society, pur espressione unica della volontà di ferro del suoi lider maximo, non è mai brillata per costanza. Costanza che non ritrovo né nei dischi, né nelle tracklist ve lo dico chiaramente; a pezzi incredibili, seguono brani forse non loffi ma dimenticabili e così anche per i dischi, non credo di poter pensare ad un LP realmente cazzuto dall’inizio alla fine. Forse Order of the Black è una spanna in più di tutto il resto della discografia (mezzo gradino sotto ci mettiamo The Blessed Hellride e Mafia). Con Ozzy il discorso è diverso; come detto, nella Ozzy Osbourne Band è un dipendente e il capo ha l’ultima parola. Ecco perchè Pride & Glory è forse l’espressione migliore di quello che Zakk sa fare, che sia capacità musicale e compositva o concretezza nella tracklist, mai come nel 1994 praticamente priva di flessioni. Ci sono i riffoni sudisti, quelli a cazzo duro (Harvester of Pain, Toe in the Line, Troubled Wine con quell’inizio che mi ricorda sempre In my time of dyin’ dei Led Zeppelin prima di prendere derive BLS) e anche le ballad classiche del repertorio di Wylde (se impari alla scuola di Ozzy, qualcosa te lo porti dietro). I brani più country e acusticheggianti sanno di campi di frumento, vacche che pascolano, redneck in salopette di jeans e una bottiglia di bourbon (Cry Me A River, che odora di Creedence Clearwater Revival, mentre Hate Your Guts sa di presa per il culo ma è divertente) e via con tutto il repertorio che spazia dai citati Skynyrd per passare dai Sabbath ai Led Zeppelin e finendo per tirare in ballo CCR e ZZ Top.
Se non sapete dove iniziare e come approcciare qualcosa che non è né Ozzy-style, né Black Label Society, ma è puramente Zakk Wylde, vi metto davanti alla prova di Losin’ Your Mind. L’apertura di Pride & Glory è un biglietto da visita difficilmente dimenticabile: la canzone maneggia diversi registri andando ad unire, e bene, country/hillibilly (il banjo) e un riffone southern pesante come cemento. Ma quello che piace è anche il lavoro di Tichy dietro la batteria e, per me, l’oscuro lavoro di LoMenzo al basso, che gioca con ottime partiture di basso sotto gli svolazzi della chitarra di Wylde, a volte raddoppiando, a volte andando per la sua strada e producendo una marea di groove. Se questo singolo non vi smuove, se non vi fa scapocciare e vi prende immediatamente una sete del Demonio che potreste calmare solo con un una Coors Light, allora avete un bidone dell’immondizia al posto del cuore (cit).
Son passati 30 anni da quando Pride & Glory è uscito e, ancora oggi, mi mette di ottimo umore, mi porta in uno stato di relax e mi fa chiedere: perchè Zakk Wylde ha perso la capacità di scrivere LP di questo tipo? A forza di volerlo vedere come guitar hero e l’obbligo morale di doversi adattare alle aspettative che si hanno di lui, Mr. Wylde ha perso di vista la capacità di scrivere ottimi dischi, limitandosi a creare solo delle ottime canzoni.
[Zeus]

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