The White Stripes – Elephant (2003)

Questa recensione sarà breve, anche perchè Elephant è funestato dall’aver dato alla luce Seven Nation Army e mi sa che ho già detto tutto. Lo so, è un peccato distruggere il ricordo di un LP, peraltro ben fatto, solo perchè una canzone ti ha francamente scassato il cazzo, ma così è successo e il po po po po del basso di Seven Nation Army ha fatto più danni delle vuvuzela, di Manu Chao con Clandestino, di Britney Spears e di tutt i fenomeni da baraccone delle boy band. Le vittorie della Nazionale Italiana erano contraddistinte da questo maledetto popopopo… una cosa, dopo un po’, fastidiosa e irritante. Vi ricordate qualcosa di Elephant senza dover andare a vedere cosa c’è dentro? No. Almeno io non mi ricordo una fava, visto che ho avuto un problema di rigetto grazie alla prima canzone. Era il 2006 e avremmo vinto il Mondiale, lasciando increduli un po’ tutti, soprattutto i tedeschi che pensavano di farci fuori e poi i francesi che ancora ridevano allegramente per il legno di Di Biagio. Alla fine gli azzurri avrebbero messo a sedere i tedeschi trascinandoli in un mea culpa calcistico generalizzato, tanto da farli ripensare a tutto il sistema calcio tedesco e quindi, con la caparbietà tipica dei “mangiacrauti”, di diventare nuovamente un’eccellenza calcistica. I francesi, capaci di colpire la retroguardia italiana comandata da un Cannavaro in stato di grazia, subiscono prima il pareggio di Materazzi, l’espulsione di Zidane per testata e poi, per benevolenza del karma, l’errore di Trezeguet dal dischetto durante i rigori e il sigillo definitivo di Fabio Grosso. Tutti gli italiani godono ancora per il 2006, anche perchè dopo questo Mondiale d’eccellenza si son viste solo lacrime, sangue e dolore… almeno fino all’arrivo di Mancini sulla panchina e la vittoria, contro l’Inghilterra, dell’Europeo di calcio. Giusto per la cronaca, anche quest’ultima vittoria era inaspettata, tanto che i giocatori si son presi una sbornia così potente da fallire miseramente la qualificazione ai Mondiali arabi. Ma tanto, sinceramente, chi se ne frega di tutto questo quando puoi ricordarti le notti magiche di Berlino? Quando puoi vedere Cannavaro saltare come un grillo, Del Piero segnare in contropiede, Materazzi prendersi una testata in pieno petto o Grosso uscire completamente di testa?
E sotto tutto questo c’era Po-Po-Po-Po-Po dei The White Stripes. Che rottura di cazzo.
Avessi sentito prima Elephant e poi visto il mondiale, probabilmente mi ricorderei questo LP con più amore, ma non è così. Peccato, perchè è realmente un bel disco. Scarno, bluesy, con giuste spruzzate di garage rock, di blues rock e con un’attitudine quasi punk nell’approccio e un rigore marziale nel bianco – rosso – nero della grafica. E poi Meg White canta (bene!) su In the Cold, Cold Night e You’ve Got Her in Your Pocket è una bella canzone che non mi stufa. E i rimandi quasi zeppeliniani di Ball and Biscuit li vogliamo menzionare?
Potessi cancellare dalla mente Seven Nation Army. Ma sarebbe anche cancellare il Mondiale del 2006, la fine dell’Università e l’inizio di quello che poi sarebbe diventato il primo passato.
[Zeus]