Castrum Doloris. Marduk – World Funeral (2003)

In occasione del ventennale di La Grande Danse Macabre del 2001, mi sono esposto in maniera abbastanza chiara: per quanto tutti facciano a gara a dipingere World Funeral come il peggior Lp dei Marduk, forse forse insieme allo “strano” Rom 5:12, la realtà è che è stato il suo predecessore a segnare il momento brutto della band. Per me World Funeral è semplicemente sconclusionato, cosa che lo pone almeno un mezzo gradino sopra le mezze misure de La Grande Danse Macabre. E non me ne capacito neanche io del motivo di questa scelta, ad essere onesto con me stesso. 
World Funeral è schizofrenico, un tentativo di ampliare uno spettro musicale che, dopo anni, Morgan deve aver ritenuto troppo uguale a sé stesso: dicasi il classico disco alla… Marduk. Ecco perchè World Funeral si ostina pervicacemente a intervallare ad un paio di pezzi che ti limano i denti una sequela di brani lenti, ma nella versione Marduk del 2003, quindi sono brani veloci… rallentati e con poche soluzioni alternative a certi riff “standard”. Questo non fa altro che limare i nervi di chi ascolta World Funeral o farmi sollevare un sopracciglio ancelottiano, con cui mi chiedo perchè i Marduk non fanno quello che i Marduk sanno fare.
Però devo tenere conto di una cosa e lo riesco a fare adesso, con molti più anni sulle spalle dai primi ascolti del disco: all’epoca il mondo musicale era cambiato, le derive musicali e il black metal stesso erano diversi da quello che c’era pre-Millennium Bug. In un momento di grande cambio, in cui il vecchio black metal era definitivamente morto e le novità lo stavano facendo a brandelli nella furia “innovativa” (vedasi la spinta black’n’roll che imperversa in quegli anni nel Nord Europa), i Marduk si sono ritrovati fra le mani più problemi che soluzioni. E non solo in termini di canzoni, ma anche come band. Escludendo solo la costante Morgan e il nuovo batterista Emil Dragutinovic, che fa un gran lavoro e verrà giustamente confermato anche su Plague Angel – prima di spezzarsi le ossa e finire la propria carriera come batterista, questo è il “canto del cigno” di un’epoca dei Marduk: B. War uscirà di scena e così anche Legion e la collaborazione ormai consolidata con Peter Tägtgren. Però era ora di rinnovare e forse lo sapevano inconsciamente anche la band. Morgan, da un paio di anni, era a corto di buone idee e di costanza nella scrittura di un LP e Legion ha incominciato a suonare semplicemente svogliato. Sentitelo cantare e capite subito cosa intendo, non ci sono momenti intensi. E questa scarsissima forma musicale la porterà con sè sia nei dimenticabili (e dimenticati) Devian, sia nella sua partecipazione con i Witchery. In un ottimo disco black metal, la manciata di pezzi che ti spaccano la faccia a pugni ci devono essere, e su su World Funeral non ce ne sono poi molti. Fate conto, tolte l’intro da Il Nome della Rosa che apre la furiosa ma prevedibile With Satan and Victorious Weapons, i rimandi alla musica classica utilizzati per tenere in piedi il dimenticabile strumentale Blackcrowned e l’inconcludente Castrum Doloris, il disco è la cartina tornasole del modo di comporre di Morgan: due velocità due, però con l’handicap che quando accelera col tremolo picking soffre terribilmente il confronto con la furia iconoclasta di Panzer Division Marduk, mentre quando rallenta… spesso son dolori. Se escludo Bleached Bones dal conto (e forse anche To the Death’s Head True), che mi piace, il resto dei mid-tempo zoppica qua e là. Fate il paragone con Blond Beast o i mid-tempo di Serpent Sermon e la debolezza delle canzoni di World Funeral è lampante. Quello che mi fa sorridere, però, è che pur essendo un disco nato “sbagliato” e con una formazione senza futuro, ritengo comunque World Funeral meglio di La Grande Danse Macabre. Sarà composto con la mano sinistra e buttato via, ma almeno World Funeral ha il coraggio di essere brutto e antipatico. [Zeus]