Falkenbach – Ok nefna tyvsar ty (2003)

Ok Nefna Tysvar Ty mi prende sempre bene, anche a vent’anni di distanza, è un dato di fatto e mi trattrista vedere che è dal 2013 che il Vratyas non pubblica più niente. Troppo silenzio anche per uno che si è preso spesso e volentieri 5/6 anni di tempo per creare i suoi dischi. Metal Archives li da ancora vivi, quindi non demordo e tengo viva la speranza di risentire qualcosa dopo l’ultimo Asa. Il mondo del viking/pagan si è mosso molto in questi ultimi 20 anni, producendo spesso LP di discutibile fattezze o andando a prendere solo l’aspetto “hollywood” dei vichinghi (come fanno gli Amon Amarth), tralasciando di creare quel substrato emotivo che, nei dischi di viking o pagan, è il sangue del disco. I Falkenbach, anche nei momenti “peggiori” sono capaci di trascinarti in mezzo ai Fiordi, a respirare l’aria dell’Islanda o di assaporare il sangue fra i denti.
Che i Falkenbach siano una di quelle band che non hanno mai sbagliato un disco è ampiamente dimostrato dagli allori tributati in oltre 20 anni di recensioni, che siano capaci di emozionarti anche in dischi che all’apparenza non hanno spessore metallico, o forse percepiti (erroneamente, a mio avviso) come “meno forti” è qualcosa che voglio sottolineare ora. L’incedere melodico, oserei dire quasi soffuso, di Ok Nefna Tyvsar Ty è capace di emozionarmi adesso quanto lo faceva nel 2003. Guardate brani come Donar’s Oak (fra i pezzi più vivaci del lotto), Homeward Shore e via discorrendo, hanno un tiro diverso da quanto proposto sull’esordio …en their medh riki fara…. ma è impossibile non riconoscerne lo stile tipicamente Falkenbach. Chi dalla band voleva un registro più black metal, ne sarà rimasto scottato, ma è nell’epica che si svolge il ruolo del leone di questo LP.
Non so dire il motivo di questa scelta pacata, forse il buon Vratyas Vakyas voleva esplorare un altro lato della propria sensibilità musicale o voleva avvicinarsi di più ai Bathory del periodo finale della loro carriera e distanziarsi dalla sempre più forte scena viking metal. Chi lo sa. Però è un dato di fatto che su Ok Nefna Tyvsar Ty di parti estreme non se ne trovino, se non un accenno brevissimo su Vanadis che ha ancora un po’ di screaming black, ma è più l’eccezione che la regola, mentre il resto è intriso di viking melodico, con tanto di chitarre acustiche, tastiere ariose, zufoli, cori possenti e un occhio di riguardo alla produzione, qua estremamente pulita e dettagliata.
Mi piace pensare che i Falkenbach si siano semplicemente lasciati ispirare dalla cover art, un dipinto che ricorda quasi un romanticismo tedesco o comunque con quello stile da paesaggio del 1800. Più la guardo, e più questa cover art mi trasmette quiete, una sorta di pace interiore e, immagino nell’intenzione dei Falkenbach, un senso di comunanza con quelle figure sedute intorno ad un fuoco sulla spiaggia. In fin dei conti il mix fra i due stili è quantomeno pertinente, da una parte una rivisitazione moderna delle tematiche vichinghe, dall’altra un artwork che trasmette un certo tipo di emozione, che tocca delle corde che non è possibile riuscire a raggiungere con le bombastiche copertine che ho visto troppe volte finire su dischi di viking/pagan metal. E così arrivo alla fine, con la sensazione di incontrare un vecchio amico, perchè Ok Nefna Tyvsar Ty è un vecchio amico che mi porto dietro da quando sedevo sui banchi e cercavo di farmi entrare nel cervello diritto penale e affini. A 20 anni di distanza posso dirlo: il terzo album dei Falkenbach non è forse il loro migliore, e potrebbe persino annoiare molti ascoltatori a lungo termine (non me!). Tuttavia, è impossibile per me trovarvi una canzone brutta. Reggono tutte da Vanadis fino a Farewell. Anche dopo tutto questo tempo, sono ancora affezionato a questo CD e non posso essere obiettivo. Però sappiate che ognuno può trovare pane per i propri denti su questo LP: i blackster puri respireranno aria di Edda e di Odino, mentre chi cerca l’atmosfera e il sentimento, Ok Nefna Tyvsar Ty ne è ricco e la cura negli arrangiamenti lo rende più profondo di molti LP odierni.
Se siete insoddisfatti di questo fatto, cercate uno dei numerosi track-by-track pubblicati in rete. Io invece continuo a cantare “…as Long as Winds Will Blow…”, con una lacrima che scende.
Che Tyr vi protegga.
[Zeus]