Marilyn Manson – Holy Wood (In the Shadow of the Valley of Death) [2000]

Marilyn Manson.
Quanti inchiostro è stato versato su questo nome negli anni tra i novanta e i primi duemila, spesso inutilmente e a cazzo di cane, per andare poi sempre a parare su argomenti che poco o niente avevano a che fare con i meriti (o i demeriti) artistici del singer americano. Se ne sentiva parlare a sproposito praticamente ovunque tanto che mi capitò di sentirmi chiedere, da parte di parenti preoccupati, di non comprare i dischi di “quello là” perché era “satanista”, ecc. Ed io rispondevo che certamente non li avrei comprati, e intanto pensavo alla mia collezione di CD true norwegian black metal e mi veniva da ridere.
I CD di Manson poi non li compravo davvero perché, sinceramente, non è che quel poco che avevo potuto sentire mi aveva particolarmente entusiasmato. Il primo guizzo di interesse che riuscì a suscitarmi arrivò con il terzo album, Mechanical Animals, dove mi ritrovai ad apprezzarne in primis la voce e poi anche un paio di brani.
L’interesse a livello musicale poi svanì di nuovo e ritornò a sprazzi nel tempo perché comunque una certa simpatia per Mr. Warner si era fatta largo in me ed ogni tanto qualche pezzo lo ascoltavo più che volentieri. 
Holy Wood (In the Shadow of the Valley of Death) che uscì vent’anni fa, quarto album in studio, non mi prese particolarmente e riascoltato oggi ne capisco anche il perché. Ritornato su sonorità generalmente più dure rispetto al precedente lavoro, Holy Wood soffre di prolissità data da ben diciannove brani che hanno la tendenza ad assomigliarsi tra loro un po’ troppo spesso, scorrendo uno dopo l’altro senza particolari picchi. Certo ci sono delle eccezioni, almeno per quanto mi riguarda, in quelle canzoni più introspettive e melodiche che secondo me tiravano fuori il meglio dell’artista.
Non è un brutto album, ma oggi preferisco ancora ascoltarmi quelle tracce che mi piacciono di più, invece che spararmele tutte e diciannove di fila.
[Lenny Verga]

Marilyn Manson – We Are Chaos (2020)

Ho smesso di sentire realmente Marilyn Manson nel lontano 2000, all’epoca di Holy Wood (In the Shadow of the Valley of Death), ma credo di stare esagerando e l’ultimo disco che ho sentito interamente è stato Mechanical Animals. Nei successivi 20 anni di vita e pubblicazioni discografiche, ho dedicato poche attenzioni a Manson; sì e no qualche veloce ascolto in occasione dei singoli, ma mai un disco intero. Non era più qualcosa di interessante per me, forse perché aveva perso anche quell’accezione “malvagia” che lo aveva circondato per anni nella seconda metà degli anni ’90
Ovviamente sempre tenendo conto che qua in Europa le Chiese le bruciavano davvero e lo show non era limitato a strappare una Bibbia, cosa che comunque, nell’immaginario americano, deve essere uno scandalo incredibile. 
Nonostante la perdita di “ruolo”, quello che è innegabile è che ogni uscita di Manson è sempre stata accolta da una spasmodica attesa, anche se in lento declino post-2000, e questo è di certo un punto importante per descrivere l’importanza del Reverendo nel panorama metal moderno. Quando è uscito We Are Chaos volevo riservagli lo stesso trattamento degli ultimi x album che ha fatto uscire, ma visto che son ritornate misure restrittive e lockdown anche qua in Austria, allora mi son preso il tempo per riascoltare il percorso musicale di Manson – giusto per capire come si è arrivati a questo disco del 2020. 
Il percorso del Reverendo Manson è chiaro e quanto troviamo dentro We Are Chaos stupirà chi riprende solo ora in mano Marilyn Manson, ma non chi lo segue da anni. Perché Mr. Warner, nel 2020, non ha alcuna intenzione di stupire, non vuole essere trasgressivo e non gioca neanche sulla volgarità gratuita. Manson, in We Are Chaos, è come un crooner che decide di accarezzare e non colpire e così disegna anche la musica. Molta melodia, molte ballad che ti rimangono anche incollate alla mente (Solve Coagula, We Are Chaos) e anche il genere musicale è molto distante da quella mutante forma di industrial che mi ricordavo dai tempi che furono. Ci sono elementi quasi country/southern, declinati in versione apocalittica come Broken Needle, e poi anche i richiami ormai non proprio nascosti a David Bowie. Quello che piace, però, è la coesione che traspare dalle tracce, non c’è qualcosa che stona e tutto suona organico. 
Se volessi usare un termine che mi vergogno ad associare a Marilyn Manson potrei dire che We Are Chaos è un disco adulto, maturo, dove il singer americano si spinge oltre il suo ruolo “classico” e forse ormai un po’ stantio, per prenderne uno diverso e forse più adeguato al passare del tempo. 
Io non so a che livello di Manson siete rimasti, quello di Mechanical Animals o le versioni successive; ma questo di We Are Chaos è un singer maturo che ha preso una decisione importante su sé stesso e il disco che ne esce contiene uno spettro musicale ampio e capace di descrivere fedelmente questa versione 2.0 del Reverendo. 
A scanso di equivoci, We Are Chaos è effettivamente un buon disco… in fin dei conti di questo si tratta e questo è l’importante. 
[Zeus]

Marilyn Manson – Mechanical Animals (1998)

Marilyn Manson - Mechanical Animals.png

Quando la gente mi nomina Mechanical Animals di Marilyn Manson mi viene in mente la pausa pranzo alle superiori. La scelta era realmente ridotta e potevi scegliere se lasciare il tuo fegato in onore a Satana dal McDonalds/pizza al taglio o se rischiare la legionella/salmonellosi/peste bubbonica alla mensa scolastica. La seconda opzione era per il fine mese, visto che le pochissime lire che giravano all’epoca dovevano durare anche per un pizza o chissà, un CD – quindi prendevi la voglia di vivere sotto braccio e andavi a tentare la sorte e mangiarti delle porcherie che, adesso, probabilmente hanno vietato con la Convenzione di Ginevra e sono alla stregua del waterboarding o del gas mostarda. Quando questo succedeva, ecco che ti trovavi fra le mani troppo tempo libero prima dell’inizio delle lezioni del pomeriggio e quindi giravi per il centro (ma se ti beccavano con la telecamera mentre uscivi ti facevano un culo a strisce), giocavi a calcio sui sampietrini dello spiazzo davanti alle classi o ti nascondevi nell’unica saletta aperta con una TV funzionante. Non ho mai capito perché ci fosse una televisione in quell’aula, giuro, ma evito di fare congetture visto che mi sono seduto ovunque e non voglio sapere se quello che speravo fosse residuo vecchio di cibo fosse frutto dell’amore. La saletta beccava pochi canali, forse Italia 1, Canale 5 e, di sicuro, Music Box. Nel 1998 c’era un video che andava alla grande su Music Box, richiesto sempre e comunque: Marilyn Manson – The Dope Show. Girava ogni quarto d’ora, vi giuro, e non sembrava smettere. L’avrò visto non so quante voglie e, ogni volta, quel video così strano, così lontano dal sound di Antichrist Superstar ti restava dentro e non ti stufava mai (ok, mai è troppo, ma diciamo che ci ha messo molto più tempo di altre canzoni). Perché chi si ricordava Marylin Manson in Antichrist Superstar, in Mechanical Animals ne trova una versione evoluta, meno industrial e più rock o, per essere più precisi, glam rock. Il nuovo personaggio trasgressivo di M.M. è qualcosa che potrebbe essere nato da un’idea di David Bowie sotto dosi pesanti di MDMA e crack da strada: androgino e alieno come solo il Duca Bianco poteva concepire. Marilyn Manson ne riprende l’idea, la rielabora alla luce della fine degli anni ’90 e tira fuori un disco che è rock e che ti piglia male con Speed Of Pain, che ti fa saltare con Rock Is Dead e poi ti fa saltare il banco con quell’intro funk stralunata e con un ritornello che ti si appiccica alla testa come le piattole al cazzo di I Don’t Like the Drugs (But The Drugs Like Me). Questi sono i ritornelli che piacciono, istruttivi e che ti fanno canticchiare mentre stai meditando una strage in posta perché il “vecchio dimmerda” non si sbriga e non ti lascia passare, tanto lui ha esigenze impellenti e non tu, porco il Diavolo, che devi correre al lavoro a guadagnarti una misera pagnotta.
E poi il video, che sembra un film di Rob Zombie ante-litteram. Quindi ti piace a bomba, perché malato e indecente, ma tutto supportato da un songwriting più rock e meno debitore dell’operato dei NIN.
Il finale lasciato a Coma White certifica solo che questo Mechanical Animals è l’ultimo grande album di Marilyn Manson, dopo il 1998, per me, non c’è stata più storia e non ho più seguito quanto fatto dal Reverendo.
[Zeus]

 

Marilyn Manson – Antichrist Superstar (1996)

Per uno della mia generazione, nell’anno 1996 evitare di sentire Antichrist Superstar era praticamente impossibile. Tutte, e dico tutte, le TV musicali pubblicavano quel video (io me lo ricordo in rotazione costante, una tragedia… insieme agli Offspring, The Unforgiven II, i Bad Religion e boh.. altro). Mi ricordo di Marilyn Manson su quel podio, me lo ricordo come un tizio che fa cose e canta qualcosa che non mi è rimasta mai in testa – di quel disco The Beautiful People aveva un ritornello più catchy.
Questo è quello che mi ricordo di quell’anno, della sensazione di Marilyn Manson nel 1996. Mi ricordo lo scandalo, i giornali che ne parlavano, l’America che si rivoltava e i picchetti contro M.M. Gli americani, per certe cose, non hanno mai capito un cazzo. Si fanno prendere dall’ansia esistenziale per una fava, diciamocelo. Rincorrono il primo che arriva con il forcone, così possono tornare a farsi fare pompini da enormi trans sudamericani senza problemi.
Basta mantenere il giusto livello di dignità sociale.
Ma vi sembra veramente che un personaggio da baraccone come M.M possa realmente essere eversivo (a parte i ricordi dei tour, letti sulla Storia Orale del Metal)? Giuratemelo e poi andatevi a vedere dei veri fattoni come i blackster norvegesi, svedesi o finnici.
Ecco perché in Europa ha causato meno polemiche: come fai ad essere anche solo “stupito” da uno come lui, un Ronnie McDonald in black, quando noi abbiamo personaggi di un certo livello come quelli dei Mayhem,Varg Vikernes o i francesi Mutilation…?
Il disco non mi ha mai preso,lo ammetto. Antichrist Superstar ha fatto sfaceli in giro, è stato ipervenduto, è diventato il cavallo di battaglia di Marylin Manson e ha “corrotto” migliaia di giovani menti. A casa mia ha fatto solo un pit-stop poi se ne è andato… del genere industrial-metal preferisco nettamente i Rammstein,

[Zeus]

I se fumava i ossi!!!” cosi mi riassunse la biografia di Marilyn Manson un tizio conosciuto per caso su un treno. All’epoca, Marilyn Manson era il mostro da sbattere in prima pagina, l’ icona della depravazione, l’anticristo divenuto superstar. Con questo disco divenne conosciuto da tutti e temuto da molti. E com’è questo disco? Beh devo dire che ha il suo perché, con alcuni pezzi che sono giustamente diventate hit, “Beautiful People” su tutte, con un appeal da canzone da radio ma un retrogusto sinistro.
Al tempo della sua uscita lo ascoltai, ma non lo consumai, ero appena entrato in contatto col metal estremo, canzoni che la gente che inorridiva per Marilyn Manson non avrebbe manco concepito nei sui incubi peggiori, li i musicisti bruciavano le chiese e si pigliavano a coltellate, li l’anticristo se lo incidevano a caldo in fronte, altro che fumarsi le ossa…
Col senno di poi, considero questo disco l’ultimo “mainstream” che scosse un po’ il pubblico, unendo oltre allo “shock” anche della musica con un po’ di spessore. Poi 20 anni di calma piatta….
[Skan]