Trentenni ruspanti. Marduk – Those of the Unlight (1993)

Togliamocelo subito di dosso il problema, almeno mi metto la coscienza in pace con i nuovi lettori del sito (che non esistono, sia chiaro): i Marduk sono esistiti anche prima dell’arrivo di Legion nella band e, oibò, anche prima di Panzer Division Marduk. Lo dico a loro, non a voi che avete una conoscenza della band, ok? Perchè voi tutti sapete che prima di Legioin ci son stati 5 anni di Marduk seminali, veloci ed ispirati come poche volte poi si ritroverà nella loro discografia – per quanto quasi sempre di alto livello. All’epoca erano una band che spostava l’asticella della blasfemia, della velocità e del fuck you un pelino più in su. Ogni. Santa. Volta. Erano una band che non registrava presso gli Abyss Studios (cosa che poi sarà consuetudine per molti anni a partire da Heaven Shall Burn… When We Are Gathered fino a World Funeral) ma da un “tizio” di nome Dan Swanö, cogliete l’ironia del virgolettato please, presso gli Hellspawn Studios. Era l’epoca con Devo Andersson alla seconda chitarra: un’epoca durata un battito di ciglia, visto che già dallo stupendo Opus Nocturne si ritornerà ad una sola chitarra. Devo, infatti, uscirà dalla band per una decina d’anni e si concentrerà su progetti di cui si ha poca memoria storica.
Il 1993 ha segnato anche il cambio di pelle dei Marduk: basta influenze death metal, come in Dark Endless, e focus al 100% sul black metal. E direi che l’avvio con Darkness Breeds Immortality è un testimonianza più che mai valevole. E da questo punto in poi giù giù nella scaletta con pezzi che hanno creato quella che era l’epoca eccitante dei Marduk, quella ricca di tentativi, vivace e lontana anni luce sia dalla fabbrica di brutalità chiamata Panzer Division Marduk (senza dubbio la vetta della potenza e iconoclastia sonora di Morgan&Co.), sia dalle riconoscibili influenze Funeral Mist nei dischi post-2004. Dentro Those of the Unlight ci sono inni come Wolves, canzone che è sempre presente nella scaletta dei concerti, e ci sono brani eccezionali come Echoes from the Past, tipologia di strumentali e brani lenti che i Marduk hanno disimparato a suonare e che non troveremo mai più in un LP della band svedese. Ci sono tutti i rimandi Tolkeniani (cover art e testi), coerenti con il 1993 e il black metal di quel tempo, ma un unicum nella loro discografia; e ci diversi agganci realmente “melodici”, più di quanti se ne potranno poi trovare da quel momento in poi.
Intendiamoci bene, i Marduk sono sì conosciuti per il loro riffing incessante e veloce, cose che sindrome del tunnel carpale spostati, ma hanno sempre avuto un sottilissimo gusto per l’inserimento di parti melodiche di contraltare, accenti sbilenchi che li hanno differenziati da molti altri carneadi della velocità. Solo che in Those of the Unlight questo perverso gusto melodico era ispirato e non aveva come fine ultimo quello di scrivere una “canzone Marduk rallentata” ma un vero e proprio apporto musicale diverso.
Per una questione puramente affettiva, a Those of the Unlight preferisco Opus Nocturne. Quest’ultimo è stato il primo disco dei Marduk che ho sentito e al cuor non si comanda, ma il disco del 1993 è semplicemente da tenere nella top della band svedese. Tante parole per dire questo, potevo scrivere di meno e iniziare con questa affermazione… ma chi avrebbe letto tutto il resto poi?
[Zeus]

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