Che gran disco. Clutch – Blast Tyrant (2004)

Permettemi di dedicare questa recensione a due membri degli Slowtorch. Voi sapete chi siete, quindi non venite a rompermi le palle. Il fatto è che questo LP, che è già apparso su queste pagine senza particolari motivazioni, merita di essere incensato anche due volte nell’arco di 6 anni. Una compilation di singoli, un brano che ti prende uno meglio dell’altro e una capacità di prenderti a calci nel culo mentre ti accarezza la testa che non saprei neanche come descriverlo, queste sono solo alcune delle possibili definizioni che potrei dare di Blast Tyrant dei Clutch. Nel 2004 erano una band matura, vigorosa, potrei quasi dire a cazzo duro senza futuro, con tutta l’energia del sanissimo virgulto americano e la voglia di aprire il proprio sound a una maggiore complessità e accessibilità. Il tutto nello stesso tempo. Controsenso? Forse, ma è proprio quello, visto che l’aggiunta dell’organo suonato dallo stesso Fallon mette spezie speciali in un disco che, di suo, è una betoniera piena di TNT. E poi con Blast Tyrant i Clutch mutano forma, una rincorsa presa già da un paio di dischi ma che proprio nel 2004 prende la sua forma piena e che trasporterà Fallon & Co. nel nuovo millennio sulle ali di una qualità di dischi da far paura. A parte Book of Bad Decisions, forse l’unico LP del nuovo corso che non mi riesce realmente a prendere, tutto il resto della discografia che segue Blast Tyrant è semplicemente da mettere su un podio ed adorare e, senza contare Blast Tyrant, si parte da un certo Robot Hive/Exodus, non certo un peso piuma. Punto.
Quante canzoni ho dentro le playlist provenienti da qua? Innumerevoli. Quante volte lo ascolto? Spesso. Ma credo che sia, come accennato nella mia recensione di molti anni fa, anche una questione sentimentale pura e sempice: Ghost, La Curandera, Promoter… sono pezzi che mi ricordano un certo periodo della mia vita. Sono l’energia del tour, le bevute, le risate, il nervosismo dato da 5 individui stretti in un furgone per decine di ore, la puzza d’ascelle e, ovvio, i postumi da sbornia. Devastante. Tutto insieme e avete il mix speciale. C’è chi si ricorda le serate passate sulle sedie bianche da “spiaggia” a chiacchierare, c’è chi ha le serate passate seduti sul muretto a discutere di tutta la filosofia della vita e chi, come me, si è sentito a casa proprio mentre a casa non era e che nella vita on-the-road aveva trovato un rifugio di relax e cameratismo. La vita mi ha portato in altri lidi, facendomi trovare il porto sicuro in Austria, ma è su quel furgone che è partito il mio viaggio per arrivare fino a qua. E volete mettere che effetto fa sapere tutto questo quando avete sotto i Clutch che gettano riff su riff in Blast Tyrant? Il sesto LP in studio dei Clutch sarà sempre il disco del viaggio, anche se forse non quello dell’arrivo. Questa palma la merita un LP diverso, ma altrettanto importante, che però trascende partenza, arrivo e viaggio. Quel disco è il disco dell’anima.
[Zeus]



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