Crowbar – Zero and Below (2022)

Ho un grande rispetto per Kirk Windstein, credetemi. Questo è uno che ha fatto sempre cose ottime, se non egregie, con i Crowbar, ha partecipato ai migliori dischi dei Down e si è fatto letteralmente il culo nella scena sludge acquistando un rispetto artistico degno di nota. Guardate un po’ ai Down post-Windstein e capite un po’ cosa significano i suoi riff per il supergruppo di New Orleans, il secondo EP è buono ma manca un qualcosa, quel riff pesante come cemento che è il trademark di Windstein da che mondo è mondo. Inoltre si è disintossicato, lasciando dietro di sé bottiglia e droga e trovando una nuova linfa artistica proprio nei suoi Crowbar, lasciati dormire 6 anni dopo il buon Lifesblood for the Downtrodden.
A partire da Severe the Wicked Hand del 2011 qualcosa è cambiato nell’approccio musicale di Kirk, deve essersi svegliato con la voglia di mutare leggermente il tiro della sua band principale e qua possiamo discutere se il nuovo andamento è qualcosa di riuscito al 100% o, pur riconoscendogli bontà e ottimi riff, siamo su una strada che al 100% non arriva.
Personalmente Severe the Wicked Hand è piaciuto molto, pur vedendone le differenze con il passato, ma è con il proseguire delle uscite che il sound dei Crowbar non mi ha più convinto totalmente. I riff ci sono, ci mancherebbe altro, e le vocals sono forse meno torturate e più inclini a formare una sorta di linea melodica, ma è un generale sentimento di… non lo so. Giuro, sapessi descriverlo, scriverei la recensione definitiva. Zero and Below esce a due anni di distanza dall’esordio solista di Windstein, Dream in Motion è un’altro disco che non mi ha preso poi moltissimo, e segna il dodicesimo disco in carriera per la band di New Orleans. Tredici dischi!
Eppure anche questo Zero and Below mi lascia stranamente un po’ freddo. Ci sono riff pesantissimi e alcune ottime melodie, mentre Kirk adotta proprio il nuovo timbro più “melodico e meno sofferente” per pitturare canzoni dolorose, ma con uno sguardo stranamente salvifico. Pur essendo ben congegnato e suonato sempre molto bene, Zero and Below soffre forse di qualche “calo” in apertura di LP. Non canzoni brutte, ma il riff di Chemical Godz (brutto titolo) non è proprio nuovissimo e alcuni altri brani della prima metà non mi pigliano totalmente. The Fear That Binds You ha tiro pur avendo anch’essa un mezzo sospetto di già sentito nella discografia dei Crowbar, ma è un’apertura che il tuo onesto headbanging te lo fa fare, ma la doppietta Her Evil Is Sacred – Confess To Nothing è nella media e non di più. Per me il disco inizia a partire realmente da Denial Of The Truth che apre per Bleeding From Every Hole, forse forse la canzone migliore di tutto il disco. Da qua in avanti si respira sempre la versione 2.0 dei Crowbar, ma ci sono molte cose convincenti ed è un disco che vale la pena tenere in considerazione.
Una vecchia volpe come Windstein è ancora capace di tirar fuori un LP che mangia in testa a diverse uscite sludge moderne e, seppur senza essere fuori un capolavoro assoluto, Zero and Below è un buon candidato a farvi compagnia nei momenti in cui il sole è oscurato, il mondo vi vuole male e non siete ancora riusciti a recuperarvi l’ultimo delle Konvent.
[Zeus]

Lascia un commento