Defying – Wadera (2024)

I polacchi Defying sanno sicuramente come attirare l’attenzione partendo da un concept. Prendendo spunto da un fil horror polacco del 1983 intitolato The Wolf e da un racconto del 1977 intitolato Wadera, raccontano una storia di vendetta dall’oltretomba, nella tradizione del romanticismo oscuro. E qui il nerd che è in me va in fibrillazione. E la scelta dello stile musicale è quanto mai azzeccata. Chiamatelo post, chiamatelo ambient, le etichette hanno poca importanza, la band mette insieme un mix di doom, death, black, atmospheric e dà vita ad un lavoro complesso, articolato, che richiede diversi ascolti ma che suscita reazioni positive fin da subito, se il genere vi piace. Il paragone più vicino che mi viene in mente è quello con i Triptykon di Tom Gabriel Fischer, o Tom G. Warrior se preferite, la sua creatura post Celtic Frost.

Brani lunghi, tempi dilatati, parti strumentali, chitarre dissonanti, arpeggi, inserti atmosferici, qualche strumento d’epoca (un corno da caccia e una cetra), insomma c’è tutto il menù completo. Ogni singolo brano è una struttura complessa di emozioni e umori, di contrasti tra furia e quiete, tra clean vocals e growl (tra l’altro piuttosto espressivo), tra parti distorte e acustiche, difficile fare una distinzione in termini qualitativi. Si può affermare che ci sono pezzi di più facile presa, come The Fugue, Incomprehensibly Woken, Reluctanct to the Grave, e altri più ostici da affrontare (in pratica tutti gli altri), e che dieci brani per oltre un’ora di musica (direi che la durata media si calcola in automatico) possono essere una sfida per chi non bazzica spesso da quelle zone musicali. Personalmente ho apprezzato, nonostante non possa negare una certa prolissità, ma le atmosfere e le linee melodiche dei Defying mi hanno conquistato, così come il loro immaginario horror gotico, il mood molto dark e decadente. Un degno viaggio sonoro nell’oscurità.

[Lenny Verga]

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