Cannibal Corpse – Vile (1996)

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La storia di molti gruppi sembra seguire un copione predefinito, non dico di tutti, ma certamente è un buon punto di partenza per molti: la band funziona (o sembra funzionare) e poi il singer, iconico e che incarna parte dell’essenza stessa della band, sbarella e viene cacciato/se ne va. Il problema è quello di riuscire a far superare il trauma alla band e far capire alla gente che, in ogni caso, il gruppo nel suo insieme è più grande del singolo interprete che la definisce. Chiedete informazioni ai Pink Floyd, ai Black Sabbath, ai Morbid Angel etc. Tutte band che, pur privatesi di un elemento fondamentale, sono andate avanti fra alterne fortune.
Cannibal Corpse post-The Bleeding passano attraverso le stesse forche caudine: via Chris Barnes e dentro l’ex Monstrosity George “Corpsegrinder” Fisher. Il cambio ha decisamente giovato alla band che, da quel momento in avanti, non ha smesso di tirar fuori dischi in continuo crescendo (anzi, negli ultimi tempi sembra aver trovato una seconda giovinezza) e il buon Chris Barnes, ottenebrato dalle mille canne che si fa al giorno, si diverte a crear polemica con Dave Mustaine su Twitter e/o produrre dischi con i Six Feet Under, i cui buoni dischi li puoi contare sulle dita di una mano e ti avanzano dita per prospettive future.
Vile del 1996 è questo, il momento del passaggio. Quello che definirà la seconda vita della band con un suono diverso e con un vocalist, Giorgino, che fra un headbanging furioso e l’altro, tira fuori linee vocali più dinamiche del suo predecessore. Ovvio che non possiamo paragonare i due periodi, cazzo (!), perché se da un lato troviamo dischi che hanno messo dei paletti fissi nel death metal, dall’altro non mi va di nascondere il fatto che con Corpsegrinder, Webster&Co. hanno capito che la coerenza, la perseveranza e il duro lavoro sono la ricetta fondamentale per far proseguire una band. E, lo sottolineo, per farle avere il successo meritato.
Perché Vile è un disco che ti prende con Devoured By Vermin (la traccia che tutti conoscono del disco, complice il video, e/o Mummified in Barbed Wire) e poi non ti lascia andare, sia quando accelera sia quando rallenta e diventa una monolitica valanga di frattaglie, sangue e vomito come in Bloodlands (traccia che interpreta bene le due anime).
Il range vocale più ampio di Fisher, meno compresso sul growl sepolcrale e più adatto a seguire la velocità e/o i cambi di ritmo, si può apprezzare anche in Puncture Wound Massacre.
Poi, ovvio, ci sarà sempre la diatriba fra chi apprezza di più il periodo Barnes e chi o non ha preferenze o supporta incondizionatamente il cambio di singer con lodi all’uomo-senza-collo. Questo ci sta, sia chiaro. Quello che però dovete fare, un piccolo dovere morale, è rimettere su Vile e sentirvelo per l’ennesima volta.
Questo lo dovete fare per ricordarvi che è proprio grazie a questo disco, alla determinazione di Webster&Co., al cambio di singer e alcuni grandi pezzi di Vile che i Cannibal Corpse sono la corazzata sanguinolenta che possiamo apprezzare sui palchi.
Non è da poco per essere il primo disco di una formazione, per molti aspetti, nuova.
[Zeus]